Departures

Locandina del film giapponese Departures Uno dei film più belli che abbia mai visto. Martedì pomeriggio, Milano, vengo invitata da una mia amica per un film, dice che si chiama Departures. Mai sentito, ma mi dico va bene voglio fidarmi. Il film viene classificato sui giornali come una commedia zen e mi chiedo cos'è una commedia zen? Fino ad oggi non ho ancora trovato una definizione.

Al cinema siamo in quattro gatti o forse sarebbe meglio dire quattro vecchietti (sia chiaro non sono ancora arrivata tanto lontano con l'età). Sarà stata la giornata piovosa, l'umore sbagliato ma l'inizio del film non mi è piaciuto affatto, troppo lento, poche battute, in una parola, un classico film giapponese (per chi di voi non è un intenditore sono dei tipici film per i quali devi essere dell'umore giusto). Dopo, lentamente ho cominciato ad apprezzarlo anche se fin dalle prime battute ho capito che non era per niente una commedia, direi piuttosto un film drammatico, d'autore.

Departures racconta la storia di un uomo/ragazzo, Daigo, violoncellista di una orchestra di Tokio. Lo scioglimento improvviso dell'orchestra mette Daigo non solo di fronte alla disoccupazione, ai debiti ma anche di fronte alla consapevolezza di non essere bravo abbastanza per sfondare. Insieme alla moglie decide di tornare nel suo paese natale, nella sua vecchia casa di campagna ereditata alla morte della madre. Presto, Daigo si trova impiegato in un'agenzia funebre. La sua mansione è quella del tantoesteta, in parole più semplici il suo compito è legato ad un antica tradizione giapponese, ovvero quella di preparare i corpi per il loro ultimo viaggio terrestre, vestendoli e truccandoli da farli sembrare “belli” come se fossero vivi. Dopo le iniziali perplessità, dopo le iniziali difficoltà e le paure, Daigo sembra aver trovato la sua strada, dare al defunto l'eterna bellezza per il suo ultimo viaggio. Il lavoro, ben pagato ma inizialmente tenuto nascosto alla moglie Mika, gli dà la possibilità di avvicinarsi ad un mondo completamente diverso da quello abituale offrendogli l'occasione di capire il significato della vita e della morte.

Il film ha vinto nel 2008 il premio Oscar come miglior film straniero. E' raccontato in un modo davvero unico, è raccontato con coraggio, consapevolezza ed è pura poesia nonostante si tratta di un argomento difficile da affrontare. La morte nel film viene affrontata in sintonia con il pensiero orientale, non è la fine di tutto ma un cancello al di là del quale la vita continua. La morte è inevitabile per ognuno di noi, tutte le coppie verranno prima o poi separate dalla essa, è dietro l'angolo ma non per questo bisogna temerla ma accoglierla come parte della vita. Nonostante il tema difficile, il film non è un film pesante ne triste, anche se classificarlo come una commedia mi sembra eccessivo, ed è assolutamente da vedere anche se sono più che sicura che non tutti saranno in grado di apprezzare questa, a mio parere, opera d'arte.

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